Post Match - Chi fa da sé non fa per 3

15/03/2021 alle 14:51.
pmchifadase

LAROMA24.IT (Mirko Bussi) - "Giocano uomo su uomo a tutto campo". Questo, più o meno, dice il Bignami del calcio alla voce Atalanta di Gasperini o a sinonimi come Hellas Verona di Juric. La brevità della spiegazione svilisce il valore del sofisticato meccanismo che ha portato l'Atalanta a prendere il volo per convinta di poter mettere a soqquadro la casa del . O al Verona di fare il bagno nelle acque termali di metà classifica per due stagioni consecutive. I riferimenti principali di entrambe le squadre, su cosa si regolano dunque nelle scelte i loro calciatori, possono venire rintracciati sull'uomo ma è proprio la diffusione di questa interpretazione, quindi collettiva, a renderla così efficace. Troppo spesso, invece, si qualificano come "individuali" dei comportamenti del calcio, uno sport che per conformazione fatica ad uscire da argomenti tattici "collettivi". Dove per tattica collettiva, non si deve per forza ad arrivare a contare fino a 11 ma basta collegare i propri comportamenti con un altro compagno, uscendo dunque da una visione unidimensionale.

I calciatori che componevano la linea difensiva della Roma a Parma hanno tutti la matrice di cui sopra: Ibanez e Mancini hanno mangiato il pane di Gasperini, Kumbulla quello del Verona. Così ieri, i 3 si sono spartiti gli attaccanti avversari seguendo la trama più prevedibile della partita: pallone nei piedi della Roma, riconquista prevalentemente bassa del Parma e ripartenze lunghe. Le due situazioni che hanno scritto il risultato della partita mostrano l'area risultata poi decisiva: il 3v3 quasi costante accettato da Fonseca su proposta di D'Aversa.

L'azione che permetterà al Parma di sedersi in una posizione ancor più comoda per il resto della partita nasce da una costruzione diretta (sì, anche questa rientra nella categoria più cliccata del momento, "le costruzioni dal basso") in cui, nonostante il tentativo di di aggiungersi alla linea difensiva e offrire dunque superiorità, ogni difensore della Roma è regolarmente accoppiato ad un avversario.

Le reazioni, però, mostrano incoerenze: Kumbulla s'orienta quasi esclusivamente sull'uomo e, vedendo Man non dare alcun cenno verso la profondità, rimane a tampinarlo nei pressi della linea di metà campo, Ibanez, anche per il ruolo che ricopriva, si mette prontamente in moto per "scappare" a coprire la profondità mentre nessun segnale d'allarme pare suonare nell'organismo di Mancini. Un ritardo che risulterà fatale nell'atto conclusivo, quando Ibanez si lascerà attirare dal pallone ormai nei piedi di Man che ha già staccato Kumbulla, svuotando la posizione più golosa, quella con vista sullo specchio della porta.

Tema che si ripropone nel copione che porterà al rigore dello 0-2. La prima giocata corta è l'escamotage del Parma per isolare ulteriormente il 3v3 offensivo. Questa volta è Ibanez a perdere il duello iniziale con Pellé mentre Kumbulla, più di Mancini, aveva allentato la propria marcatura per dedicarsi a coprire la profondità. L'intervento del numero 23 romanista non risolve la questione, anzi spalanca il campo ad un tremendo 3v1 per il Parma. L'ultima carta, Kumbulla, sceglie di giocarla usando il jolly del fuorigioco ma la sua previsione sullo sviluppo, un passaggio per Man indirizzato verso la porta romanista, risulta errata con Pellé che s'invola autonomamente. La cilindrata di cui è dotato Ibanez gli consente di recuperare lo svantaggio fino ad attenuare la pericolosità dell'azione. Ma il brasiliano sceglie comunque di intervenire, senza dar peso all'angolo di tiro non proprio ottimale, per di più sul piede debole, a disposizione di Pellé. Questa sì, una scelta individuale. Ma azionata sempre dentro questioni collettive.