LR24 (DARIO BERSANI) - Ci siamo fatti trovare impreparati all’emergenza n'antra vorta. Ancora. No, ma qui non c’entra la Raggi, nè il Messico e nemmeno quel folgorato che sciava a Villa Borghese. Mentre andava via via sciogliendosi come ‘sta ruffiana de neve, la Roma ha trovato e aggiunto l’ennesimo tassello al suo sconfinato mosaico di alibi: è il “Blocco mentale”. Noi siamo un mausoleo di attenuanti intempestive, siamo gli irragionevoli e menagrami carri di novembre. E forse siamo davvero quello che spesso diciamo di non meritare.
La quinta sconfitta casalinga su 14 gare ha però ben poco di metaforico ed è, anzi, emblematica di una realtà preoccupante, come se i tre successi consecutivi non ci fossero mai stati. Come se Ünder non avesse mai riacceso nessuna maledettissima scintilla. Come se fosse sempre stato 4-3-3. È un male profondo, dalle radici a metá strada tra l’imperscrutabile e il lampante. Per questo la locuzione coniata e condivisa (il “blocco mentale”) è perfetta: tanto con la testa non c’ha mai capito niente nessuno. “Ma sì, non è che ce possono venì a fa’ la Tac a Trigoria per constatare, al massimo ce chiamano a vuoto sotto la Curva”. Ma infatti. Semo troppo impazienti noi, dai. E famo nantro settennato così, su... Diventiamo campioni olimpici di tela di invernalissima Penelope, ma dov’è che andiamo di corsa? Pure io questi che non fanno i caroselli per due semifinali di Coppa Italia e i Social Media Record comincio a disprezzarli davvero. Gentaccia che tanfa d’ambizione, residuali come l’etrusco di sabatiniana memoria. Per loro nessun Ponte di Traiano, nessun immaginifico villaggio.
Nel Milan rammendato e vincente di ieri c’è tutto quello che noi non siamo più. Una squadra umile e solidale, ritmo e coraggio, consapevolezza dei propri limiti con licenza di stupire. Divertito ai limiti del divertente. E noi? Noi depressi, ben oltre i confini del deprimente.
Ma ce sta bene: ieri a perdere sono soprattutto le fuorvianti quanto risibili classifiche parallele. Quelle che ci parlavano dei sessanta tiri in porta e i cento pali colpiti a partita, pretestuosamente vergate da parte di quegli stessi e cattivissimi media finiti al centro delle cicliche farneticazioni made in Boston sulle presunte trame anti-Roma. Ma se il Mulino Bianco è a corto di frumento, la narrazione dei molti infarinati ha solo un preciso scopo: tagliare il traguardo prima dell’odiato Spalletti. E tentando di vincere almeno questa nobilissima battaglia, chi spiega la situazione? Chi interviene?
È paradossale se a spiegare è chi dice “zitti e lavoriamo”, mentre si affanna a rilasciare tre interviste simultaneamente. Cattivo esempio ed illusionismo si fondono. Per l’uomo fellone e la donna informale, romanistamente pronti per l’anteprima del catalogo Primavera/Estate. Qui la trama è stata sì ordita, ma ai danni della stampa cinica e bara. Ci si abbindola vicendevolmente. Di più, si ciurla. E a proposito di manici: chi spiega di un allenatore che si sente Senna senza esser mai stato nemmeno Barrichello, responsabile tecnico di una squadra in preda alla confusione che segna la miseria di 40 gol (13 contro le ultime due della classe)? Chi interviene per porre rimedio all’ormai proverbiale inettitudine di un gruppo non in grado di invertire la rotta e che domenica può scivolare a 22 dalla prima?
Prima di buttare il bambino con l’acqua sporca, prima del 13 marzo, prima di cambiar di nuovo tutto per non cambiar nulla, si tratta ora di nutrire la Speranza, alimentandola quotidianamente con sussiego. Speramo che l’ideologo di South Kensington, quando sarà chiamato a deliberare nei prossimi Stati Generali Romanisti, stavolta se faccia li cazzi sua.
@DarioBersani - Disappunti di viaggio