Triplice fischio al Castellani. La Roma pareggia 0-0 con l'Empoli. Pochi istanti dopo, nelle consuete interviste postpartita, Radja Nainggolan (miglior in campo - a ragione -) viene intercettato dai microfoni di Mediaset Premium:
"In questo momento più 4 o più 2 in favore della Juve cambia poco", questo il Ninja-pensiero.
Un pensiero opinabile, forse anche buttato lì nei momenti appena successivi alla fine del match, senza riflettere troppo. Ma puntuali, dopo la doccia, arrivano affermazioni dello stesso tenore a Roma TV.
Premesso che non c'è nulla di scandaloso e non si può gridare alla blasfemia. Anzi, per certi versi può essere considerata una convinzione anche condivisibile, il nocciolo della questione, però, è un altro. La Roma non ha solo l'esigenza di strappare i 3 punti, ma molto di più. Dovrebbe convivere con l'urgenza di raccoglierli ovunque. Anche all'undicesima di campionato (ma se si fosse giocata la prima, anche in quell'occasione).
Al netto dello scarno palmares collezionato dal '27 ad oggi, concentrandosi sugli ultimi anni 'americani', sarebbe lecito attendersi da questa squadra e da questo club di ragionare in modo diametralmente opposto rispetto a quanto espresso da Nainggolan (che in campo sta tornando alla grande ai suoi livelli).
Altrimenti tornano (ahimè) ad aleggiare come spettri i discorsi dei dirigenti e allenatori, che non sono riusciti ad inculcare concetti come "la sofferenza della sconfitta", "si vince e si perde non può essere la stessa cosa", "la vittoria deve essere pensata non come una possibilità ma come una necessità".
Chissà che un plurititolato come Umberto Gandini possa far capire, magari senza usare toni paternalistici, ma illustrando la proprio esperienza pregressa, che tra 2 e 4 punti c'è di mezzo il mare, che si traduce in titoli e vittorie. Non cambia poco, ma cambia tutto. Chi ragiona diversamente con tutta probabilità non ha ben chiari gli obiettivi da raggiungere: e quindi è come se non ce li avesse affatto.
SG