LA REPUBBLICA (M. PINCI) - La scorsa estate stava per salire su un volo per Abu Dhabi, ora fa volare la Roma a suon di gol. Strana la vita di Gervais Lombe Yao Kouassi, per tutti soltanto Gervinho. Nome brasiliano che gli diede un vecchio allenatore da bambino e un rendimento tornato a giustificare quella licenza artistica: 6 gol nelle ultime sette giornate di campionato, l’ultimo alla Lazio: il modo giusto per (ri)prendersi la città. Già, perché tutto ciò avrebbe potuto restare soltanto una speranza, un desiderio inevaso: a luglio aveva già chiuso i bagagli, pronto a trasferirsi all’Al-Jazira, club degli Emirati Arabi in cui lo avrebbero coperto di soldi, pur di vederlo scorrazzare sui loro campi. Quel trasferimento saltò misteriosamente una mattina di fine giugno: «Ha chiesto elicottero e spiaggia privata», si disse. Lui e la Roma hanno sempre negato, puntando l’indice su un gioco al ribasso degli arabi, per quanto folle possa sembrare quando si parla di petrodollari. Di certo il più soddisfatto dall’esito delle querelle fu Rudi Garcia: l’aveva voluto a Roma a dispetto di Sabatini, che per trattarlo arrivò a litigare furiosamente con il tecnico dell’Arsenal Arsène Wenger (leggende raccontano che a chiudere la trattativa fu addirittura il dimissionario Franco Baldini). L’ha difeso poi quando di ritorno dalla Coppa d’Africa sembrava vivere su una nuvola: atteggiamento, il suo, criticatissimo all’interno dello spogliatoio, al punto che nelle ultime settimane della scorsa stagione il rapporto con i compagni pareva irrimediabilmente compromesso. Pareva, appunto. Qualche telefonata di chiarimento durante l’estate, poi un lavoro di riavvicinamento fluidificato da uno dei leader del gruppo, il brasiliano Maicon. Anche grazie a lui a ottobre le ruggini primaverili, i propositi di addio estivi, erano già dissolti. Così quando contro il Palermo Gervinho ha realizzato il suo secondo gol consecutivo in campionato s’è ricordato dell’amico, correndo ad abbracciarlo in panchina.
Nelle ultime 7 gare ha segnato 6 volte: con una fuga di 50 metri ha deciso lo scontro diretto contro la Fiorentina, forse il match che più di ogni altro ha detto che la Roma può sognare davvero quello scudetto che manca da 15 anni. Poi s’è ripetuto contro l’Udinese. Poi ha lasciato il segno nella gara più sentita, il derby contro la Lazio: assist e azioni devastanti, oltre al gol della sicurezza. Un gol festeggiato in tribuna pure da Daniele De Rossi, in piedi a scandire il suo nome come un tifoso qualunque. Forse il segno tangibile della ritrovata armonia, conquistata non solo con i sorrisi, ma con il sacrificio.
Gli rimproveravano di essere il cocco di Garcia, che lo mandava in campo anche in pessime condizioni. Lui ha rinunciato alle ferie pur di allenarsi con i compagni in montagna, a Pinzolo. Un gesto apprezzatissimo nello spogliatoio (Romagnoli, per fare un esempio, chiese ferie supplementari). Era quasi pronto a trasferire nel Golfo Persico i suoi quad, moto elettriche a quattro ruote con cui sfreccia insieme agli amici per Casal Palocco nelle notti romane. A giudicare dai risultati, suoi e della squadra, da quelle parti dovranno continuare a sopportarlo ancora un po’.