LA SFIDA NELLA SFIDA: Stekelenburg vs Fontana

03/11/2011 alle 17:38.

LAROMA24.IT - Da una parte l’eterno dodicesimo per professione, una vita spesa più a scaldare le tavole di una panchina che a difendere l’inviolabilità di una porta, una carriera che raramente gli ha concesso la possibilità di farsi spazio tra i grandi nomi che si posizionavano sempre un gradino sopra di lui. Dall’altra parte del campo il “gigante pararigori”, un metro e novantasette di classe e determinazion

 

Sabato sera Alberto Maria Fontana e Marteen Stekelenburg si ritroveranno per la prima volta l’uno contro l’altro: il primo per dimostrare di valere molto più di un semplice numero 12, il secondo per ripagare i migliaia di tifosi che, domenica dopo domenica, applaudono ad ogni suo intervento.

CARRIERE A CONFRONTO – «Partire da dodicesimo, lo ammetto, cominciava a piacermi. Diventava un modo, diverso, di essere partecipe e intanto osservatore del gioco. E della vita che mi scorreva intorno». Alberto Maria “Jimmy” Fontana incorpora la storia di un ragazzino che diventa grande nella periferia torinese costellata di simboli granata negli anni Settanta. Tifoso del Torino, dopo le prime esperienze con le giovanili del Nizza Millefonti, viene notato - ironia della sorte - dalla , e con la squadra Primavera vincerà l'edizione del 1994 del Torneo di Viareggio («Incredibile ma vero: sono diventato un “gobbo”»).

Da qui per lui inizia una “gavetta” che lo porta a girovagare per varie società dalla Serie D alla B: con la valigia sempre pronta all’ingresso, in otto anni indossa dapprima la maglia del Valle Aosta Sarre per approdare infine al Palemo, passando per il Voghera, il Verona, il Sandonà, la Reggiana e la Pistoiese. Nel 2002 coglie l'occasione per riavvicinarsi a casa e accetta il trasferimento al "suo" Torino, ovviamente sempre in veste di secondo. L ’esordio in Serie A lascerà una scia di grande amarezza dietro di sé: il 24 maggio 2003, nella sfida contro il Como all’ultima giornata di campionato, sostituisce Sorrentino al 63° e, a 6 minuti dalla fine, subisce la rete della sconfitta che condannerà il Toro all'ultimo posto in classifica. Nel 2009, lasciato il Torino, firma per il Novara, che assieme a lui (da secondo, naturalmente, di Ujkani) comincia la cavalcata dalla Lega Pro alla Serie A. La sua è la storia di un sogno da calciatore, anzi da , "perché giocare in porta è tutta un'altra cosa", la passione di un ragazzino destinato a diventare grande tra i pali. Non da titolare, ma da riserva.

Al contrario di Fontana, fino all’agosto del 2011 Marteen Stekelenburg ha dedicato la sua carriera ad una sola squadra, l’Ajax. A 20 anni esordisce nel club allenato da Ronald Koeman sostituendo i colleghi di reparto Joey Didulica e Bogdan : alla sua prima stagione colleziona 9 presenze come terzo . La panchina è familiare anche all’olandese, ma per motivi diversi: nel 2004 Koeman lo nomina titolare, ma già a settembre è costretto a subentrargli a causa di un infortunio. La stessa cosa accadrà l’anno successivo e poi per quasi tutta la stagione sotto la guida di van Basten (2008): i tantissimi stop lo hanno costretto a saltare molte partite e in qualche caso anche il posto da titolare, che alla fine è sempre riuscito a riconquistarsi a suon di prestazioni esemplari quando chiamato in causa.

L’APPRODO ALLA ROMA – I colori giallorossi per Fontana hanno rappresentato poco e niente, una parentesi di passaggio che gli ha consentito di approdare, poi, al suo Torino. Nel 2002, infatti, il suo cartellino è dapprima in comproprietà con la Roma, per poi essere successivamente riscattato dai granata a titolo definitivo, club in cui nella “disfatta” del 2005 fu l’unico a firmare in bianco, dimostrando un attaccamento alla maglia senza eguali. Nel fuggi fuggi generale è stato il primo a dare un segnale forte per la rinascita del Torino Calcio.

Per Stekelenburg, invece, "li du' colori de Roma nostra" rappresentano tutto: simboleggiano una nuova opportunità per farsi apprezzare in un campionato difficile e ignoto qual è quello italiano e a dimostrare di essere lui l’uomo giusto per portare avanti il nuovo progetto. L'olandese arriva nella Capitale nell'agosto del 2011 grazie alla pressione del ds e, casualità, costringe di nuovo l'ex compagno Bogdan ad allontanarsi dai pali e a sedere di nuovo in panchina, ammirando da bordocampo quelle manone nascoste da quei guanti sgargianti gialli e azzurri che le fanno sembrare ancora più grosse e che arrivano in punti in che il corpo fatica a raggiungere.

E nella Roma l’olandese sta dimostrando, tra alti e bassi, quanto vale: è sempre presente nel gioco della Roma, con tutti i mezzi a disposizione. Con l’autorità in mezzo all’area, senza la paura di affrontare l'avversario nell'uno contro uno, riesce ad essere (quasi) sempre freddo e preciso nella scelta dei tempi. Con la classe che ha nei piedi - è uno dei pochi portieri che può vantare un assist diretto per il gol di un compagno direttamente con un rinvio – e con la capacità di “metterci una pezza” quando serve.



Da una parte il simbolo di un calcio “vecchie maniere”, dei valori che spingono ad avvicinarsi ad uno sport che non è solo veline e denaro ma molto di più, dall’altra il vice-campione del Mondo cercato per fare la differenza in questa nuova avventura chiamata Roma. Il palco di Fontana e Stekelnburg è il Silvio Piola di Novara: che lo spettacolo abbia inizio. 



 



Valentina Vercillo